Il cammino che porta siriani, libici, turchi, egiziani, ma anche pakistani e afgani fino alla Calabria è lungo, a volte tortuoso e molto doloroso. "Il tratto in mare, che magari è il più pericoloso, in genere è l'ultimo di un percorso che inizia anche alcune settimane prime", ci raccontano alla Capitaneria di Porto di Gioiosa, dove lo Spi e l'Arci hanno organizzato per i volontari un incontro con il capitano e gli altri militari che, ciascuno per il proprio ruolo, contribuiscono al soccorso in mare dei migranti. "Arrivano su imbarcazioni di ogni tipo: barche a vela, pescherecci, gommoni. L'ultimo salvataggio è avvenuto una quindicina di giorni fa. Erano in 20. Il giorno di Pasqua, invece, dalla Turchia su un peschereccio verde ne sono arrivati più di 240".
Ci fanno vedere l'imbarcazione: sopra ci sono ancora scarpe, vestiti, coperte. Sembrano raccontare una serie di storie interrotte che non sai dove sono iniziate e spesso non sai come andranno a finire. Durante la visita, sono presenti anche cinque ragazzi del progetto SPRAR. Due di loro, durante la proiezione di un filmato sui salvataggi in mare, si alzano ed escono. Uno scoppia a piangere: nel viaggio che lo ha portato fino a qui ha perso degli amici. "E' stato un momento che non dimenticherò - dice Benedetta, 17 anni, della Rete degli Studenti Medi - . Vengo da Siracusa e da noi ancora c'è poca tolleranza. Alla notizia di un naufragio ho sentito alcune persone dire: 'Meno male che ci ha pensato il mare'. Lo trovo assurdo, non sanno di cosa parlano. Spero che la situazione possa cambiare presto".
Nel frattempo, il contributo all'integrazione che Benedetta e gli altri ragazzi hanno voluto dare partecipando ai laboratori resterà a Riace e sarà - come è successo anche gli altri anni - anche molto visibile. Stanno preparando cartelli in legno colorati con disegni che hanno scelto tutti insieme. Contribuiranno, insieme a quelli degli anni scorsi, a rendere il paese più vivace e a ricordare ai più piccoli, ai visitatori, agli ospiti che condividere è uno dei modi più belli di vivere. Che infischiarsene è come rifiutare di decidere. In sostanza, che "la libertà è partecipazione".
Ogni estate, i ragazzi e i pensionati che partecipano ai laboratori della legalità di Riace hanno l'occasione di conoscere più da vicino il problema dell'immigrazione nel nostro paese e di dibattere insieme ad alcuni esperti sul tema che da decenni ormai sembra far tremare l'Italia: la sicurezza. "No, guarda, non è una questione del posto di provenienza di una persona: i soggetti che per indole vogliono delinquere o sono per così dire poco tranquilli ci sono in ogni società e in ogni cultura - dice la proprietaria di una piccola bottega in paese - . Quelli che vivono qui e lavorano in modo onesto sono ben accolti da noi".
Rosanna Grano
Nessun commento:
Posta un commento