giovedì 9 luglio 2015

Polistena - Diritti e lavoro legale per un futuro lontano dalle mafie

Che attinenza c'è nel parlare di diritti nel lavoro quando si partecipa a un campo antimafia? La risposta è nella storia raccontata da Celeste Logiacco, segretaria provinciale Flai Cgil Piana di Gioia Tauro, ai ragazzi che questa settimana sono impegnati nelle terre confiscate ai mafiosi del territorio di Polistena e della Piana di Gioia Tauro.
Celeste è la segretaria della Flai Cgil Piana Gioia Tauro, il sindacato che tutela i lavoratori agricoli, una volta li chiamavamo contadini.
Celeste Logiacco, segretaria provinciale Flai Cgil Piana Gioia Tauro
Con i suoi compagni, alle quattro del mattino parte per le campagne in cerca dei lavoratori, la maggior parte immigrati. Permessi di soggiorno, denunce di sfruttamento e tutto ciò che può servire per portare, attraverso i servizi che svolge, il senso concreto di cosa vuol dire dignità del lavoro, in aree in cui è più facile incontrare il volto spietato dello sfruttamento e, a volte, della schiavitù.
«Il nostro è un sindacato di strada, siamo noi che andiamo a cercare i lavoratori, non sono loro costretti a venire nelle nostre sedi. Solo così possiamo conoscere le vergogne che questo paese nasconde in luoghi che gli italiani scoprono solo quando accadono fatti eclatanti. Ma qui – aggiunge – tutti i giorni abbiamo a che fare con i caporali che scelgono i lavoratori come una volta facevano gli schiavisti, imprenditori agricoli senza scrupoli che con il loro agire mettono a repentaglio anche le attività agricole degli imprenditori sani».

Un degrado umano, sociale ed economico fatto di paghe da due euro l'ora, di tendopoli, come quella
Raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro
di San Ferdinando, prive di servizi, in cui vivono centinaia di lavoratori immigrati; o campi container come quello di Rosarno. Nel 2010 in questo piccolo centro, famoso per i suoi agrumeti e per lo spadroneggiare della ‘ndrangheta, si sono vissuti tre o quattro giorni di vera guerra civile dopo che la notte del 6 gennaio, tre giovani balordi del posto si erano divertiti a tirare con un fucile ad aria compressa su tre immigrati ferendone uno in modo grave. Non era la prima volta.

«Spente le telecamere, ascoltatele le promesse di rito – ricorda Celeste –  qui è cambiato poco. Nel 2012, in occasione dello sciopero dei migranti, portammo 200 lavoratori in piazza ma altri cento fummo costretti a lasciarli nelle campagne. L'azienda di trasporto si rifiutò di farli salire sui pullman. Oggi aspettiamo che la Regione approvi una legge sul caporalato. Se, come previsto, accadrà entro luglio, avremo raggiunto un grande risultato perché nella Piana ci sono 5-6 mila presenze fisse di immigrati. Un numero che è triplicato in pochi anni. E questo sono persone che hanno bisogno di essere tutelate».

Per svolgere al meglio la propria funzione, la segretaria della Flai racconta ai ragazzi di aver appena concluso un viaggio che l'ha portata in Senegal, dove a Cgil ha stretto accordi con il Cuts, il sindacato senegalese. «Sono stata nella capitale Dakar, a Gorée, l'isola proclamata Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO nel 1978. dalla quale sono transitati milioni di africani strappati alla loro terra d'origine per essere portati, fatti schiavi, nelle Americhe. Abbiamo visitato villaggi di pescatori. Abbiamo visto il volto della miseria e l'impegno di tanti, anche italiani, per alleviarla.  Ci sono nostri connazionali che hanno costruito scuole per bambini in un paese in cui la mortalità infantile è molto alta. Abbiamo cercato di capire come aiutare i lavoratori che da lì emigrano verso l'Europa e come tutelare quelli che dall'Europa tornano nel proprio paese».

La rivolta degli immigrati a Rosarno, nel 2010
La lotta di Celeste e di quelli che come lei hanno scelto contrastare il lavoro illegale, è anche, anzi, inevitabilmente, lotta alle mafie. Il rischio di pagare il proprio impegno, altissimo. Attentati, minacce, avvertimenti sono all'ordine del giorno. Non servono eroi per sconfiggerla, fa capire. Affrontare da soli la protervia di tanti balordi crea, infatti, più facilmente le condizioni per chinare il capo e far finta di nulla. Molto di più possono fare la crescita del senso di comunità e la consapevolezza che insieme si possono cambiare realtà ritenute immutabili. I campi antimafia e chi vi opera a vario titolo rappresentano, da questo punto di vista, uno dei migliori esempi.

Nessun commento:

Posta un commento