venerdì 24 luglio 2015

Cerignola. Il filo rosso che lega Di Vittorio al recupero dei beni confiscati. Contro il caporalato.




Il ricordo di Di Vittorio che ha il segretario della Lega Spi di Cerignola Giuseppe Valentino è ancora nitido nonostante siano passati più di cinquant’anni.


Aveva 13 anni, e l’ex bracciante già a capo della Cgil si era recato in visita nella sua città natale per un comizio. Delle imponenti manifestazioni bracciantili dell’epoca raccontano le foto attaccate ai muri della locale Camera del Lavoro. In un quadro a olio, il grande leader della Cgil affronta la rabbia di un bracciante, con viso fermo, quasi di pietra. «Anche allora il caporalato era una piaga diffusa, ma almeno c’erano forti vincoli di solidarietà e una solida coscienza politica», racconta Valentino.

Con la crisi dell’agricoltura, molti braccianti furono costretti a emigrare, e negli anni ’80 il radicamento politico e sindacale era progressivamente sbiadito, lasciando il posto alla disaffezione e alla criminalità organizzata.

Un lungo interregno di trent’anni, che è sempre più messo in discussione dalla progressiva rinascita della società civile. Come ha ricordato Daniela Marcone, figlia del funzionario del Registro ucciso 20 anni fa dalla criminalità organizzata, a un incontro di formazione per i ragazzi del Campo della Legalità, c’è stato un periodo in cui anche accennare alla vicenda di suo padre era diventato improponibile. Nessuno voleva sentirne parlare, mentre oggi sono in molti, soprattutto i giovani, a chiederle di partecipare a iniziative pubbliche per raccontarne la storia.

La rinascita prende i nomi e i volti dei ragazzi che hanno dato vita alle due cooperative – Alter Eco e Pietra di Scarto – che stanno dimostrando che un altro modo di fare economia sul territorio, contro il caporalato è possibile. Come spiega Giuseppe Mennuni, vicepresidente di Pietra di Scarto, la cooperativa assume persone con problemi di giustizia e o di tossicodipendenza, ma anche quegli immigrati che nelle aziende del territorio sarebbero sfruttati per due euro all’ora nella raccolta di pomodoro, e che vivono in condizioni disumane nei cosiddetti “ghetti”, nel silenzio e nell’inconcludenza delle istituzioni. Il rinnovamento ha la faccia del parroco Pasquale Cotugno della Chiesa di San Domenico. Quarantuno anni, referente di Libera a Cerignola, Don Pasquale ha messo a disposizione la sua parrocchia per i volontari dell’associazione “Oltre Babele” che fa corsi di alfabetizzazione agli gli stagionali e agli “avvocati di strada”, uno sportello per i diritti dei migranti molto seguito, e offre con la Caritas trenta pasti a giorno agli indigenti. Ancora, la svolta è nella cooperativa Emmanuel che è impegnata nel recupero dei tossicodipendenti, e nei giovani dirigenti della Flai-Cgil, che ogni giorno entrano nei ghetti di lamiera di Rignano e di Cerignola, offrendo aiuto e sostegno agli ultimi degli ultimi.

Il cambio di passo arriva dall’azienda di trasformazione “La Bella”, che si è offerta di lavorare le olive che d’estate arrivano da Terra Aut e dal Laboratorio di Legalità Francesco Marcone dimostrando a tutte quelle aziende che continuano a fare affari sulla pelle dei migranti, che si può avere successo cambiando alla radice il paradigma che prevede uno sfruttato e uno sfruttatore, in una filiera di qualità in cui al primo posto ci sono i diritti di chi lavora.

Antonio Fico

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