mercoledì 1 luglio 2015

Nella Piana di Gioia cresce l'antimafia

A Polistena tutti sanno che quel palazzo ristrutturato di quattro piani all’ingresso del paese apparteneva ai Versace. E tutti sanno che un tempo quello dei Versace era il clan mafioso più potente della zona. Un simbolo di protervia e violenza, ma chi usa queste armi sa che prima o poi finisce per subirle. Basta poco, magari il tentativo di allargare i propri affari lungo la costa, l’ambizione sfrenata che mette a rischio gli interessi di altri clan e il conto da pagare arriva inesorabile.

Era il 17 settembre 1991 quando proprio davanti al palazzo si fermarono quattro automobili con dentro sedici killer. Per i fratelli Versace non ci fu scampo. Se ne salvò uno solo perché finse di essere morto.
Undici anni prima, nel 1980, sempre a Polistena, Peppino Valarioti, segretario del Pci, fu ammazzato la sera stessa in cui vinse le elezioni comunali.
Che questo sia uno dei luoghi in cui le radici della ’ndrangheta sono più antiche lo dimostra il fatto che qui, nel 1902 si tenne il primo maxiprocesso contro la mafia: alla sbarra finirono più di cento malavitosi del luogo.

Non solo mafia. Eppure, a Polistena e dintorni – dalla Piana di Gioia Tauro all’Aspromonte – molti hanno lottato e continuano a farlo ancora oggi per costruire un futuro fatto di legalità, diritti e senso civico. Trecentottanta ragazzi e anche tanti pensionati volontari dello Spi giunti dal Piemonte e dalla Lombardia, l’estate scorsa sono venuti fin quaggiù per partecipare ai campi della legalità promossi da Libera, dallo Spi Cgil e dalla cooperativa Valle del Marro - Terra Libera.
Il lavoro dà i suoi frutti: il palazzo dei Versace oggi ospita gli ambulatori di Emergency, le attività dell’associazione Libera e quelle dei giovani; la piazza antistante il palazzo, che nei giorni delle attività antimafia è stata trasformata nell’arena per un cineforum, è intitolata proprio a Valarioti; nei dodici campi confiscati alle ’ndrine si coltivano ortaggi e si producono olio e vino che hanno il sapore del lavoro e della legalità.
«L’impegno dei volontari sui terreni confiscati alla mafia – racconta Antonio Napoli, responsabile della formazione della cooperativa Valle del Marro – è espressione di un “esserci”, con determinazione e autenticità, sui luoghi simbolo della lotta alla mafia».

L’avventura. Don Pino De Masi, referente di Libera a Polistena, ricorda: «Quando dieci anni fa è cominciata l’avventura del lavoro sui beni confiscati non avrei immaginato un tale cambiamento: vedere in giro per la piana e sui terreni appartenenti ai boss, ragazzi di tutta Italia e anche i nostri è un incoraggiamento per la gente del posto, mentre per i mafiosi è l’inizio della perdita del potere. Per i mafiosi è un fatto traumatico, per la nostra gente invece è la dimostrazione che si può vivere da protagonisti questo territorio».
«Lo Spi Cgil – precisa il segretario del comprensorio Piana di Gioia Tauro, Enzo Auddino – ha avviato un processo che ha dato ai giovani volontari provenienti da varie parti d’Italia, la possibilità di prendere consapevolezza della nostra realtà, diventando strumenti di democrazia. Hanno incontrato funzionari di polizia, vittime della ’ndrangheta, sindaci, sindacalisti, magistrati e giornalisti; hanno ascoltato i loro racconti e poi hanno riempito le strade della città insieme ai loro coetanei di Polistena partecipando alla marcia della giornata della memoria e dell’impegno in onore di Paolo Borsellino e alla marcia della memoria a Pietra Cappa (nel territorio di San Luca) in ricordo di Lollò Cartisano. Insomma – conclude Audino – è un’esperienza intensa e impegnativa che per conto nostro continuerà affinché iniziative di così alto valore pedagogico, culturale e sociale si diffondano sempre di più».

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