venerdì 31 luglio 2015

Migranti: a Riace l'accoglienza serve anche a combattere la mafia


Riace è un paese colorato, rinnovato. Forse anche un po' ringiovanito. Da nord e da sud, a ogni ingresso, ci sono cartelli che ti danno il "benvenuto nel paese dell'accoglienza" e piccole navi con i nomi di tutte le nazioni del mondo. Qui il sindaco Mimmo Lucano da anni apre le porte ai migranti che sbarcano sulle coste calabresi. E, grazie al progetto SPRAR, cerca di favorire la loro integrazione sul territorio.


Il cammino che porta siriani, libici, turchi, egiziani, ma anche pakistani e afgani fino alla Calabria è lungo, a volte tortuoso e molto doloroso. "Il tratto in mare, che magari è il più pericoloso, in genere è l'ultimo di un percorso che inizia anche alcune settimane prime", ci raccontano alla Capitaneria di Porto di Gioiosa, dove lo Spi e l'Arci hanno organizzato per i volontari un incontro con il capitano e gli altri militari che, ciascuno per il proprio ruolo, contribuiscono al soccorso in mare dei migranti. "Arrivano su imbarcazioni di ogni tipo: barche a vela, pescherecci, gommoni. L'ultimo salvataggio è avvenuto una quindicina di giorni fa. Erano in 20. Il giorno di Pasqua, invece, dalla Turchia su un peschereccio verde ne sono arrivati più di 240".

Ci fanno vedere l'imbarcazione: sopra ci sono ancora scarpe, vestiti, coperte. Sembrano raccontare una serie di storie interrotte che non sai dove sono iniziate e spesso non sai come andranno a finire. Durante la visita, sono presenti anche cinque ragazzi del progetto SPRAR. Due di loro, durante la proiezione di un filmato sui salvataggi in mare, si alzano ed escono. Uno scoppia a piangere: nel viaggio che lo ha portato fino a qui ha perso degli amici. "E' stato un momento che non dimenticherò - dice Benedetta, 17 anni, della Rete degli Studenti Medi - . Vengo da Siracusa e da noi ancora c'è poca tolleranza. Alla notizia di un naufragio ho sentito alcune persone dire: 'Meno male che ci ha pensato il mare'. Lo trovo assurdo, non sanno di cosa parlano. Spero che la situazione possa cambiare presto".

Nel frattempo, il contributo all'integrazione che Benedetta e gli altri ragazzi hanno voluto dare partecipando ai laboratori resterà a Riace e sarà - come è successo anche gli altri anni - anche molto visibile. Stanno preparando cartelli in legno colorati con disegni che hanno scelto tutti insieme. Contribuiranno, insieme a quelli degli anni scorsi, a rendere il paese più vivace e a ricordare ai più piccoli, ai visitatori, agli ospiti che condividere è uno dei modi più belli di vivere. Che infischiarsene è come rifiutare di decidere. In sostanza, che "la libertà è partecipazione".


Ogni estate, i ragazzi e i pensionati che partecipano ai laboratori della legalità di Riace hanno l'occasione di conoscere più da vicino il problema dell'immigrazione nel nostro paese e di dibattere insieme ad alcuni esperti sul tema che da decenni ormai sembra far tremare l'Italia: la sicurezza. "No, guarda, non è una questione del posto di provenienza di una persona: i soggetti che per indole vogliono delinquere o sono per così dire poco tranquilli ci sono in ogni società e in ogni cultura - dice la proprietaria di una piccola bottega in paese - . Quelli che vivono qui e lavorano in modo onesto sono ben accolti da noi".

Rosanna Grano

Nessun commento:

Posta un commento