«Il tempo non è stato clemente in questi primi giorni – racconta Raffaella Chiarenti, referente dei campi per lo Spi Cgil – ma il programma delle attività va avanti lo stesso».
Il terreno, ottanta ettari di bosco e 20 di seminato, sul quale si trovano anche due ruderi, è in mano. per il momento, al Comune. Ma, annuncia la Chiarenti, «a settembre dovrebbe essere assegnato in via definitiva. Nel frattempo tutti sono impegnati nella sistemazione dei muretti a secco, nei lavori di potatura e nella raccolta delle patate, e, nel pomeriggio, con i laboratori di giornalismo, con gli incontri con i familiari vittime della mafia e nella formazione sui temi della legalità».
Dopo quattro anni di servizio volontario nel campo della legalità di Pietralunga, Raffaella è tutt'altro che stanca. «Il generale senso di sorpresa con cui abbiamo appreso che la 'ndrangheta era arrivata anche in Umbria accquistando, non solo il bene di Pietralunga, ma anche appartamenti e negozi, è durato poco. Poi abbiamo reagito. La nostra presenza qui, e soprattutto quella dei ragazzi, ha fatto sì che, piano piano, anche cittadini e negozianti della zona siano più consapevoli che la presenza mafiosa deve essere contrastata dalla comunità intera e che non è sufficiente, per quanto fondamentale, l'impegno di magistratura e forze dell'ordine nel contrasto alla criminalità organizzata».
Tra i ragazzi impegnati in questi giorni a Pietralunga, c'è anche Alice, 16 anni, qui per la prima volta come esponente della Rete degli studenti medi. In uno dei pomeriggi dedicati alla formazione, con i suoi compagni ha presentato una app, Kahoot, che permette di rispondere a quiz a tema. Loro hanno pensato di utilizzarla preparando una serie di domande su mafia e legalità. Al gioco si può partecipare singolarmente o in gruppo. «È un modo – dice – per imparare molto, giocando».
Le chiedo di come ha saputo della possibiltà di partecipare al campo antimafia di Pietralunga. «Sono qui per la scuola, come tanti ragazzi presenti questa settimana. Forse, da umbra, entrare in una proprietà situata nella mia regione e appartenuta a una famiglia di mafiosi, è stato ancora più scioccante. Ma è un bene che ciò sia avvenuto: prima avevo avuto sentore di un problema tanto grave, ma stare qui, in questi giorni, significa assumere una consapevolezza molto più profonda. Merito anche dei volontari pensionati presenti. La differenza di età tra noi e loro non conta. Siamo qui perché abbiamo lo stesso obbiettivo».
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