giovedì 7 settembre 2017

Santa Maria La Fossa (CE). Trentamila lumache contro la camorra

Nel fondo di confiscato di Santa Maria La Fossa gestito dall’associazione, dove i Bidognetti e gli Schiavone dettavano legge, oggi si lavora una vera e propria intrapresa che potrebbe dare presto i suoi frutti.

di Antonio Fico

“Eravamo alla ricerca di un’idea nuova che potesse avere una ricaduta economica di un certo tipo. Abbiamo raccolto informazioni, studiato ed eccoci qua: a marzo, se tutto fila liscio, le nostre lumache andranno sulla tavola dei clienti di alcuni ristoranti della zona”.
Aniello Zerillo non nasconde la soddisfazione, anche perché finalmente le trentamila lumache vive ordinate all’Istituto internazionale di elicicoltura di Cherasco, sono nei filari per l’accoppiamento.
L’anno scorso un incendio doloso alla pompa di irrigazione per mano di ignoti, ha costretto a ritardare di molti mesi i lavori, fino a renderli impossibili nell’anno in corso. Quest’anno però la musica è diversa.  
Nel fondo di confiscato di Santa Maria La Fossa gestito dall’associazione, dove i Bidognetti e gli Schiavone dettavano legge, oggi si lavora una vera e propria intrapresa che potrebbe dare presto i suoi frutti. Dei 22 mila euro necessari per far partire l’allevamento i, 12 mila arrivano dal progetto Mares, l’ organizzazione che raccoglie le realtà che gestiscono i beni confiscati. Si spera di recuperarne una buona parte già nella primavera prossima. Fondamentale l’aiuto dell’Istituto di Cherasco, che oltre ad aver formato gli operatori, offrirà assistenza tecnica per i prossimi 3 anni e si è impegnato a comprare l’invenduto.
“Nero e non solo” raccoglie la sfida lanciata da Gianni Allucci direttore di Agrorinasce: abbiamo bisogno ora di creare attività che diano occupazione, in un terra che ha perso solo negli ultimi anni 300 aziende e dove la camorra prospera se non ci sono speranze (link all’intervista).
 Si lavora alacremente sotto il solleone di agosto.
Questa settimana è il turno di un gruppo parrocchiale, il San Pio X, proveniente da Modena. Simone, Francesco, Giulio e Stefano sono gli educatori che guidano ragazzi giovanissimi che dall’Emilia arrivano per dare solidarietà a chi si dà da fare per rialzare dalla polvere il nome di una terra schiacciata per troppi anni da un dominio incontrastato del malaffare. Il lavoro di queste ultime settimane è stato concentrato sulla costruzione dei filari e delle recinzioni per l’area di ingrassaggio per le lumache.
Una parte dei ragazzi lavora a impeciare a colpi di pennello i pali di sostegno.
“Quando arrivi qui, lo fai con tanti pregiudizi – racconta Simone, 40 anni, sposato  – e devo dire che un po’ ne rimangono anche dopo. Oramai sappiamo che la mafia riguarda anche l’Emilia. L’unica differenza è che qui l’impatto della criminalità è evidente, sfacciato. Questa esperienza conclude un percorso che abbiamo fatto in collaborazione con Libera, lungo quest’anno sulle mafie”.
Francesco, 26 anni, è stato un disegnatore meccanico per alcuni anni. Poi ha deciso di mollare questo lavoro e ritornare alla sua vera passione, quella dell’educatore e di riprendere gli studi a Scienze della Formazione: “La camorra – sostiene – vince quando le persone hanno paura, e qui di paura ne vedo poca. Io penso che per chi è lontano il compito maggiore sia quello di sostenere le reti che si costruiscono tra persone e organizzazioni sane, con l’impegno e il lavoro”.
Con i 15 ragazzi del gruppo parrocchiale, al campo sono presenti tre  ragazzi stranieri giunti da Grecia, Bulgaria e Spagna a Caserta grazie all’impegno dell’associazione Giosef, acronimo che sta per “giovani senza frontiere”, che cura numerosi progetti nell’ambito del progetto europeo di mobilità giovanile (ma non solo) Erasmus Plus. Tra i più significativi, l’ostello che ospita i ragazzi e i meeting internazionali che contribuiscono a quello scambio culturale e di esperienze così necessario per cementare una Europa unita.
Maria, greca, conosce già l’Italia perché qui ha fatto l’Erasmus: “Vengo da Salonicco e a Caserta mi è sembrato di rivedere alcune situazioni che sono presenti anche da me, come i seri problemi nella raccolta dei rifiuti. Perché qui? Per aiutare le persone in difficoltà”. David, andaluso, ritiene che il progetto internazionale possa essere utile a mettere insieme esperienze utili anche in futuro a trovare un lavoro, perché no proprio in campo umanitario.
Intanto Zerillo ripassa i compiti della giornata, tra cui irrigare i filari. “Le lumache appartengono alla nostra tradizione culinaria e sono molto ricercate in altri Paesi come la Francia, dove però non esistono allevamenti. Nel nostro Paese, l’80 per cento della domanda viene importata. Credo che questa impresa può avere un concreto successo, perché vi è domanda ma non offerta”.
L’altra sogno di Zerillo è quello, una volta trovato uno sbocco nel settore della ristorazione, di cercare finanziamenti per comprare una macchina capace di ricavare dalle lumache anche la bava, che è un potente prodotto per la cura della pelle.
 “Costa 30-40 mila euro, per ora non possiamo permettercela, ma chissà, con l’attività avviata possiamo farci un pensiero serio”.   



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