Un laboratorio di giornalismo antimafia dove, prima, la
mafia era padrona. È accaduto a Tuturano, frazione del comune di Brindisi,
all’interno di una struttura confiscata alla sacra corona unita, che attualmente
ospita anche un centro Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e
Rifugiati) gestito dalla Cooperativa sociale a mutualità prevalente
‘Solidarietà e rinnovamento’.
L’iniziativa, titolo ‘Ti scrivo l’antimafia…’, è stata organizzata da Arci Puglia in
collaborazione con l’associazione Libera, Cgil, Spi Cgil, Flai Cgil,
l’associazione Auser e la Rete della conoscenza Puglia. E si è tenuta dal 26
giugno al 2 luglio.
Dodici i ragazzi e le ragazze che vi hanno preso parte
insieme a cinque attivisti dello Spi provenienti da Piacenza e Forlì. Il laboratorio giornalistico
finalizzato a creare un reportage, sotto la supervisione di professionisti del
settore e dopo un percorso itinerante tra le provincie di Bari, Brindisi e
Lecce, è stato realizzato nell’ambito della campagna “Estate in campo” che, nel
periodo estivo, vede impegnati migliaia di giovani e anziani volontari in
attività svolte all’interno dei beni confiscati alla criminalità organizzata.
«Abbiamo vissuto un’esperienza non facile ma entusiasmante»,
racconta senza mezzi termini Antonella Carella, Spi Cgil di Piacenza. «Tutto
questo – aggiunge – grazie
soprattutto al rapporto che si è creato con i giovani provenienti dall’Italia e
da altre parti del mondo. Qui vivono famiglie giunte nel nostro Paese dopo aver
attraversato prima il deserto africano e poi, su un gommone, il Mediterraneo. È
stata un’esperienza unica, la più significativa vissuta in questi anni».
Maria Grazia Pinto coordina da tre anni campi e laboratori
gestiti dall’Arci. Quest’anno ha diretto quello di Tuturano. «Il laboratorio
svolto – precisa – è stato l’unico previsto per il 2017, ma ne è valsa la pena,
per i contenuti proposti con il laboratorio stesso e per l’esperienza condivisa
tra il gruppo dei volontari dello Spi e i ragazzi. Gli incontri con giornalisti
e magistrati, le storie ascoltate e le visite in luoghi simbolo della lotta
alla mafia hanno permesso a tutti i partecipanti di comprendere che la chiave
di svolta per provare a debellare la presenza e il potere mafioso è nella
conoscenza del fenomeno: cosa che spetta non solo alla politica e alle
istituzione, ma a tutti noi».
Il
reportage
Dodici giovani aspiranti giornalisti a tu per
tu con mafia e caporalato
CHI SIAMO?
Per una
settimana dodici giovani provenienti non solo dall’Italia ma dal mondo intero
hanno deciso di mettersi in gioco in una nuova avventura, a Tuturano (BR), in
un centro SPRAR, che nasce su territori confiscati alla malavita. Prende così
vita “Ti scrivo l’antimafia…”, un laboratorio giornalistico con il fine di far comprendere,
per poi saper raccontare, il fenomeno mafioso. Il campo della legalità di
Tuturano è stato promosso da Arci Puglia in collaborazione con CGIL, SPI CGIL,
FLAI CGIL, AUSER, Libera, Coop. Soc. Solidarietà e Rinnovamento, Rete della
Conoscenza Puglia, Rete degli Studenti Medi e UDU.
Un
programma coinvolgente, articolato in laboratori giornalistici, interviste alle
famiglie di vittime di mafia e visite a luoghi in passato appartenenti alle
organizzazioni malavitose e oggi presidi di legalità.
CHI E’ IL GIORNALISTA?
Tramite
l’incontro con la giornalista Tea Sisto, previsto dal ventaglio progettuale del
campo, si è inquadrato quello che effettivamente era l’asse principale
dell’intera esperienza: “chi è e come si diventa giornalista”.
Nel
primo laboratorio si è affrontata la questione dal punto di vista teorico. Tea,
per iniziare, ha stimolato i ragazzi, seduti e disposti in cerchio, proponendo
loro delle domande, coinvolgendoli, fra risate e contenuti teorici, in una
lezione partecipata, intensa, e che ai ragazzi ed alle ragazze del campo ha
lasciato tanto su cui riflettere.
Tea ha
dimostrato, a partire dalla sua esperienza personale, come la figura
professionale del giornalista debba essere poliedrica, dinamica, curiosa,
vogliosa di conoscere e scoprire la verità. Occhi negli occhi con la
giornalista, i partecipanti, rapiti dai suoi racconti, hanno successivamente
provato a costruire la prima bozza di un articolo di giornale, ispirati dal
momento e dalla presenza stimolante della stessa Tea, che intanto si
destreggiava fra i ragazzi e le loro curiosità dispensando consigli e suggerimenti.
Nel
laboratorio di new media, invece, i ragazzi e le ragazze del campo, assieme a
Gianluca Sciannameo, hanno discusso animatamente sull’evoluzione della
trasmissione delle notizie; più nello specifico, di come chi voglia intraprendere
la carriera del giornalista debba tener conto del cambiamento delle modalità
con cui ora una notizia viene divulgata e recepita. Gianluca ha proposto degli
esempi reali, chiedendo ai ragazzi di elencare i pro e i contro della nuova
comunicazione “Social-E”, e dando così inizio ad uno scambio denso di opinioni,
che ha i visto i ragazzi partecipare molto attivamente. Con l’avvento del web si
è passati da una comunicazione che “da uno va a molti” ad una comunicazione che
“parte da molti e arriva a molti”.
In questo
laboratorio i ragazzi sono stati molto coinvolti, grazie alle capacità
esplicative di Gianluca, che ha stimolato il dibattito proponendo input ai
quali tutti hanno risposto con entusiasmo ed interesse. I partecipanti, stupiti
dalle potenzialità della rete, hanno dunque avuto modo di comprendere quali
sono le possibilità reali che le nuove tecnologie offrono, come poterle
sfruttare nella comunicazione per ottimizzarla e renderla efficace.
Nel
terzo laboratorio, tenuto da Tea Sisto e dalla giornalista d’inchiesta Lucia
Portolano, i ragazzi e le ragazze hanno affrontato il tema di cosa siano
teoricamente la mafia ed il caporalato, poiché l’esperienza pratica, tramite i vari
incontri e le visite sui luoghi confiscati alla mafia, è stato il passo
successivo. I ragazzi, emotivamente colpiti dalla realtà dei fatti, hanno posto
domande alle giornaliste, le quali hanno efficacemente risposto, soddisfacendo
in pieno le curiosità dei partecipanti. Lucia ha mostrato e spiegato un suo
servizio in merito alla Sacra Corona Unita, un fenomeno mafioso che, a
differenza di come molti sostengono, è ancora attivo e ben radicato nel nostro territorio. In seguito si è realizzato un focus su
cos’è il caporalato, come agisce e come si è evoluto in Puglia. La giornalista,
attraverso un suo servizio ricco di interviste a vittime di questo fenomeno, ha
dimostrato il valore umano del giornalismo d’inchiesta, che ha il dovere di dar
voce a quei protagonisti che spesso non ce l’hanno.
“Ne più
mai toccherò le sacre sponde, ove il mio corpo fanciulletto giacque”, scriveva Foscolo:
ebbene, nonostante un futuro incerto e pieno di insidie, i ragazzi del campo
hanno compreso che scappare dalla propria terra non è una soluzione, e che anzi
si deve lottare per il proprio territorio, per renderlo libero dalle insidie malavitose
radicate nelle proprie terre natali. Si può e si deve ripartire da questa
nostra generazione, che più che mai sembra poter rappresentare il punto di
svolta in questa patria di grandi personalità e culla di cultura, ma ormai “non
donna di province, ma bordello”.
INTERVISTE
A metà
settimana i partecipanti si sono recati in visita a Bari Vecchia. I volontari
hanno incontrato i genitori di Michele Fazio, una coppia in grado di suscitare
forti emozioni nel far rivivere la figura di Michele: un ragazzo come tanti,
che tornando dal lavoro, a 15 anni, è stato ucciso all’angolo di casa. Due
mandanti con un obiettivo: eliminare un componente della famiglia rivale. Così
non fu, e a morire è stato Michele, ma, come afferma la madre, non si può
parlare di sfortuna, perché lui si trovava nel posto giusto al momento giusto,
come tutti i giorni. I ragazzi, emotivamente coinvolti dal racconto, si sono stretti
attorno alla memoria della figura di Michele, decidendo di trattenersi ancora un
po’ a parlare singolarmente con i suoi genitori, disponibilissimi e sempre
sorridenti.
Le
interviste non finiscono qui; infatti il giorno dopo ci si è spostati a Porto Selvaggio per
incontrare la figlia di Renata Fonte. In religioso silenzio, immersi in uno
splendido scenario naturale, proprio
davanti al suggestivo Belvedere, sotto le rigogliose fronde degli alberi che
offrivano riparo dal sole cocente di quel giorno, i ragazzi e le ragazze hanno
ascoltato una melodiosa voce di donna ricordare la straordinaria figura della
madre Renata. Sabrina Metrangolo era solo un’adolescente quando lei e sua
sorella hanno perso la mamma. Lei, impegnata politicamente nel partito
repubblicano, si era opposta alla cementificazione di uno dei posti più
affascinati del Salento. Porto Selvaggio da sempre è stato messo in pericolo
dagli interessi economico-mafiosi di grandi aziende, che costituiscono il vero
movente di questo omicidio. Hanno provato a metterla a tacere, ma grazie
all’impegno e alla testimonianza di sua figlia, che con le sue parole riesce a
farla rivivere dentro ognuno di noi, la sua figura e il suo impegno sociale
resteranno vivi per sempre.
VISITE AI BENI
CONFISCATI
Dal 7
marzo del 1996 è stato fatto un importante passo avanti per contrastare le
logiche mafiose sul territorio. Tramite la confisca dei beni appartenenti a
famiglie mafiose, si è riusciti a contrastare la loro forza, basata prettamente
sul potere economico.
Eppure
questo non basta: infatti c’è bisogno che questi beni vengano utilizzati per
diventare dei laboratori di legalità capaci di sfidare il presente e metterlo
in crisi. Un esempio di questa strategia è il CAG di Brindisi. In origine la
vecchia struttura era dedicata al traffico di droga e di armi, data anche la
sua posizione strategica. Dal 2009, quando è stato inaugurato, il CAG si occupa di praticare antimafia sociale,
creando un’alternativa valida per i ragazzi della zona.
La
visita prosegue fino a Bari, dove si trovano tre beni confiscati alla famiglia
Capriati. In questi appartamenti,
dove vivevano e gestivano i loro traffici illeciti, ora vi sono i quartier
generali rispettivamente di Libera, dell’Arci e del circolo Arci Zona Franka.
Queste tre associazioni sono impegnate sul territorio tramite pratiche mutualistiche,
come laboratori teatrali e ripetizioni scolastiche gratuite, affinché queste
strutture, da sempre luoghi al servizio della criminalità, diventino spazi
collettivi per la comunità.
CONCLUSIONI
Emozionante, avvincente, intrigante sono aggettivi che non bastano per poter descrivere ciò che questa esperienza ha lasciato nel cuore di ognuno dei partecipanti.
Hanno
acquisito la consapevolezza che ci si deve schierare sempre in prima linea,
sempre lì davanti, determinati più che mai a diffondere e praticare il valore
della legalità. Parafrasando quanto affermava Giovanni Falcone, “Chi tace e chi
piega la testa muore ogni volta che lo fa. Chi parla e chi cammina a testa alta
muore una volta sola”.
(fonte: Arci)
(fonte: Arci)
una esperienza veramente unica.
RispondiEliminaLella Carella