Restituire un po' di bellezza a Rosarno. Con questa idea sono
stati organizzati i campi della legalità nella cittadina calabrese, ormai
drammaticamente famosa per la rivolta dei migranti del 2010. Una questione
ancora aperta da queste parti, un problema che si aggiunge (o meglio, aggrava)
quello della presenza della criminalità organizzata.
di Rosanna Grano
di Rosanna Grano
È il primo anno che a partecipare, insieme con l’Arci, c’è anche
lo Spi Cgil. “Un segnale importante”, commenta Giuseppe Carrozza, direttore di
Terre del Sud, il consorzio a cui è stato dato in gestione un terreno
confiscato alla famiglia Bellocco e sul quale hanno lavorato i volontari dello
Spi Bologna e un gruppo di scout arrivati da Verona. Quasi due ettari di
terreno, ai lati del quale scorre il fiume Mesima, che diventeranno un Parco
Fluviale, un posto bellissimo a cui avrà accesso tutta la popolazione di
Rosarno.
E in effetti, di bellezza da queste parti c’è davvero bisogno.
Per arrivare al terreno confiscato si fa un po’ di fatica. Si percorre per
qualche chilometro una strada sterrata, piena di buche. Ma la situazione non
migliora rientrando in città, dove i volontari alloggiano nel periodo di
permanenza per i campi. “Rosarno non è bella, è inutile nasconderlo – ha
ammesso in un incontro formativo Francesco Bonelli, ex assessore comunale con
la giunta di Elisabetta Tripodi - . Abbiamo cercato con la nostra
amministrazione di affrontare il problema, in qualche maniera legato alla
presenza di mafia e di mentalità mafiosa. L’idea era quella di dare nuova vita
alla città anche coinvolgendo giovani artisti. Purtroppo, non abbiamo avuto il
tempo di portare avanti il progetto”.
Ma tra i tanti problemi che ha Rosarno, davvero è utile parlare
di bellezza? A quanto pare
sì. Perché nei giorni dei campi, quasi tutti –
volontari, esperti chiamati a parlare, organizzatori – hanno tirato fuori,
ognuno a proprio modo e in momenti diversi, la questione dell’estetica
decaduta, o mai veramente curata, della città.
Perché? Giovanni Doria, capo scout del gruppo Rover di Verona,
si è fatto un’idea. “Sembra che da queste parti le persone non abbiano rispetto
nei confronti delle cose che hanno o che costruiscono. Spendono magari tanti
soldi per rimettere a nuovo una struttura quando avrebbero potuto spendere
molto meno se si fossero preoccupati della sua manutenzione. È come se non fossero
interessati alla sua cura, perché tanto non c’è speranza per nulla”.
Rassegnazione, dunque. Alla quale qualcuno invece non si
abbandona. Il progetto del Parco Fluviale ne è un esempio. Queste persone, che
arrivano da posti lontanissimi e che sotto il sole raccolgono rifiuti,
puliscono il canneto, dipingono pneumatici che diventeranno dondole, ne sono un
esempio. Gli organizzatori dei campi, che ogni anno si spendono per ideare
programmi sempre più nuovi e stimolanti, ne sono un esempio. “Ancora però –
osserva Nicola Di Lucchio, dello Spi di Bologna – non basta. Perché non c’è
partecipazione dei rosarnesi. Mi sarebbe piaciuto incontrare qualche ragazzo
del posto, mi sarebbe piaciuto che fosse venuto con noi sui campi a vedere cosa
stiamo realizzando. Avrebbe potuto incontrare Asif Shamzad, l’operaio pakistano
del consorzio, che è arrivato come tanti altri da lontano, sui barconi, e che
qui è riuscito a inserirsi. Sta lavorando sodo per riqualificare un posto che
fino a poco tempo fa era nelle mani della ‘ndrangheta. Un terreno meraviglioso,
che era diventato una discarica abusiva e che grazie anche al suo lavoro potrà
diventare un luogo di aggregazione. E di bellezza”.
E non si abbandonano alla rassegnazione neanche i compagni dello
Spi calabrese, che ogni anno cercano di investire sempre di più nell’esperienza
dei campi. “Siamo convinti – ha commentato Salvatore Lacopo, coordinatore Spi
regionale, dipartimento legalità – che il sindacato debba avere un ruolo attivo
e partecipativo. Quest’anno agli altri tre campi, quelli di Polistena, Isola
Capo Rizzuto e Riace, abbiamo aggiunto quello di Rosarno. Consolidando così il
già ottimo rapporto con l’Arci. Sì, c’è ancora molto da fare. Chi arriva entra
a contatto con situazioni difficili per un verso, ma molto virtuose per
l’altro. A Rosarno i partecipanti hanno potuto visitare la tendopoli, lavorare
sui campi, incontrare familiari di vittime di ‘ndrangheta. Conoscere calabresi
che con fatica combattono, giorno dopo giorno. Non è ancora abbastanza, ma è un
segnale importante e significativo. Solo insieme le persone che vogliono cambiare
la società e renderla più giusta e più bella possono farlo”.
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