mercoledì 21 settembre 2016

Il diario di Anna e Michele, partiti dalla Basilicata per fare i volontari nel campo della legalità di Polistena:


Dal 22 al 29 Agosto 2016 Michele ed Anna dello Spi-Cgil Basilicata hanno fatto un’esperienza nei campi della legalità di Polistena (RC). L’esperienza, voluta e sponsorizzata in primis dalla segreteria regionale dello Spi Basilicata e specificatamente dal segretario regionale Donato Allegretti, ce la raccontano in breve i due protagonisti.

Abbiamo cominciato a ricevere il mensile “LiberEtà” per la prima volta qualche anno fa e, tra vari articoli di cultura e di informazione molto interessanti e dal linguaggio accessibile, ci aveva colpito ed entusiasmato quello riguardante i campi di lavoro antimafia, sparsi un po’ per la penisola e aperti alla partecipazione di quanti avvertono la preoccupante presenza del fenomeno mafioso, giovani ed anziani. Al tal proposito lo Spi-Cgil ha fatto propria la necessità di combattere la criminalità organizzata che sta non solo inquinando pezzi dell’economia nazionale ma anche disgregando il tessuto sociale del Paese attraverso la diffusione di disvalori come la corruzione; di contrastarla soprattutto sul piano culturale affermando valori come la solidarietà, la condivisione di atteggiamenti, idee e percorsi responsabili, l’impegno consapevole, la trasparenza. Valori che abbiamo visto concretizzarsi nella bella realtà dei campi di lavoro della piana di Gioia Tauro e in quella del palazzo di Libera, confiscato a una famiglia mafiosa e ristrutturato, nella cittadina  Polistena (RC). In queste realtà il lavoro e la vita stessa si svolgono in linea con l’attenzione rispettosa, il dialogo costruttivo e la collaborazione fattiva di ciascuno nei confronti degli altri.
Il primo incontro è avvenuto la sera di lunedì 22 con la presentazione del programma di tutto il campo, la distribuzione delle magliette e cappelli da parte di Libera e dello Spi Cgil e la cena di “gala” (sic!!!) offerta dalla comunità parrocchiale di Don Pino Demasi.
I campi sono gestiti e curati dalla Cooperativa sociale “Valle del Marro” associata al consorzio “Libere Terre” di Libera. In alcuni crescono ulivi secolari, in altri giovani ulivi piantati un paio di anni fa, altri campi ancora sono agrumeti, kiweti, vigneti e vi è uno coltivato a peperoncino per la produzione della famosa ‘nduja calabrese artigianale. Sono campi curati, belli a vedersi, con alberi dalle foglie di un verde splendente, dai frutti già formati, anche se non maturi, campi che dopo essere stati incendiati e devastati per ritorsione mafiosa, sono rinati, hanno cambiato volto e assumono quello nuovo della fatica, della legalità, dell’amore per la terra.
Il palazzo di Libera è una struttura di quattro piani in cui operano al piano terra l’associazione “Padre Don Pino Puglisi”, al secondo piano il Poliambulatorio di Emergency che nella disposizione dei locali, nell’arredo, nei colori e nella bella mostra di sé che fanno gli articoli 11 e 32 della Costituzione, comunica un senso di bellezza e di cura che costituisce il primo segno di accoglienza e di rispetto per gli “ultimi”.
Al terzo piano è sistemato un ostello per giovani volontari, completo di cucina e sala da pranzo. Se le braccia sono i volontari, la mente è sicuramente Don Pino Demasi, parroco del Duomo di Polistena e referente di Libera nella piana che con la sua energia riesce  a coinvolgere giovani e famiglie in progetti di cambiamento. Nel palazzo confiscato tutti i giorni dalle 17 alle 20 avvengono incontri di formazione per giovani e meno giovani. L’organizzazione dei campi e della formazione è curata con estrema meticolosità, bravura e sensibilità da un socio della cooperativa “Valle del Marro”, Antonio Napoli. Noi due abbiamo fatto parte di un gruppo di ventitré persone, cinque pensionati dello Spi (tre lombardi, Luigi, Luisa, Ernesto e due lucani, Anna e Michele, noi due per la prima volta impegnati in questa esperienza), otto ragazze del collegio “Santa Caterina da Siena” di Pavia, otto ragazzi scout di Ravenna e infine due reporter francesi, impegnati a girare per tutti i campi confiscati per produrre scritti e filmati per conto di “Le Monde Diplomatique”. A causa dei lavori di sistemazione al quarto piano del palazzo, noi cinque pensionati abbiamo dovuto alloggiare all’hotel Mommo di Polistena.
Tutti i giorni, ore 6.30 la sveglia, ore 7 la colazione quindi a piedi si andava nella struttura di Libera dove ci aspettava un bus, non proprio nuovo, della cooperativa e si partiva per i campi. Dopo circa tre ore di lavoro, in cui si diserbava a mano il terreno sotto ciascun albero, lavoro intervallato da mini pause, si rientrava al palazzo per il pranzo preparato in mattinata da alcune donne della parrocchia di Don Pino. Ai ragazzi toccava poi, a gruppi di quattro e a turni stabiliti, sparecchiare e rigovernare la cucina (attività che veniva replicata anche a cena conclusa). Alle 17 nella sala attrezzata di Libera, al secondo piano, iniziava l’attività di formazione che non ci stancava mai, ci prendeva, ci rendeva ansiosi di sapere, di approfondire. Ascoltare giornalisti sotto scorta, familiari di vittime innocenti di ‘ndrangheta, colpevoli soltanto di aver tenuto la testa alta alle intimidazioni e ai soprusi del soggetti mafiosi, magistrati, alti funzionari delle forze dell’ordine, polizia di stato, carabinieri, guardia di finanza, polizia ambientale, impegnati tutti in prima linea nel contrasto alla ‘ndrangheta ci emozionava e indignava molto, ancor di più quando leggevamo sui volti dei ragazzi stupore, interesse, voglia di chiedere, di sapere.
Il penultimo giorno della permanenza a Polistena abbiamo visitato l’Aspromonte, la montagna calabrese teatro di 169 rapimenti avvenuti nell’arco di un decennio. Ci hanno accompagnato gli uomini del Corpo Forestale dello Stato e la guida dell’Ente Parco Aspromonte. Questi ci ha parlato dell’origine geologica di queste alture e ci ha fatto un excursus storico-geografico delle vicende che hanno interessato questa parte della Calabria. L’Aspromonte è un territorio verdissimo, lussureggiante, spettacolare nei suoi dirupi, nelle sue profondità e ricchissimo dal punto di vista della biodiversità. Abbiamo vissuto un momento straordinario quando la guida ci ha fatto una lezione di archeologia sperimentale con la ricostruzione di manufatti e la raccolta di prodotti tipici dei vari luoghi e dei vari periodi, a cominciare dal Paleolitico fino ai tempi più recenti. Ci ha fatto assistere quasi “di persona” alla evoluzione dell’uomo nella sua capacità di ragionare, di inventare, di realizzare ciò di cui aveva bisogno sfruttando la sua intelligenza, compiendo un passo dopo l’altro e procedendo per tentativi ed errori. Gli oggetti e gli strumenti che l’uomo primitivo si è costruito per soddisfare le sue necessità, li abbiamo visti realizzarsi coi nostri occhi nelle mani della guida. Momento toccante durante l’escursione sull’Aspromonte è stato quando, arrivati in un’area che è incrocio di direzioni diverse, ci siamo avvicinati alla balaustra che recinge un’aiuola fiorita con al centro una scultura di Cristo Crocifisso. A questa balaustra si incatenò “Mamma Coraggio”, la signora Casella, per invocare la liberazione del figlio sequestrato da circa due anni.
Domenica, ultimo giorno, per la gioia dei più giovani siamo stati al mare a Gioiosa Jonica. Emozionante, alla fine della permanenza è stato il momento del commiato quando, dopo i saluti, gli abbracci e qualche lacrimuccia, ognuno è partito per la propria destinazione con la convinzione di aver fatto un’esperienza importante dal punto di vista intellettuale, civile e umano da consigliare a giovani e meno giovani e per la quale ringraziamo profondamente lo Spi perché promuovendo e sponsorizzando questi progetti si allarghi sempre più la rete delle legalità e della solidarietà.
Anna e Michele

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